Skip to main content

Tempo di lettura: 40 min

Introduzione all’analisi:

“L’articolo 1 dello schema di decreto ne delimita l’ambito di applicazione. Esso concerne le regole tecniche riguardanti il deposito, la comunicazione e la notificazione con modalità telematiche degli atti e documenti, nonché la consultazione e la gestione dei fascicoli informatici nel procedimento penale e nel procedimento civile. Si precisa che tali regole mirano ad assicurare due obiettivi: la conformità al principio di idoneità del mezzo e la certezza del compimento dell’atto.

Segnatamente, lo schema di decreto ministeriale in commento concerne l’enucleazione delle regole tecniche riguardanti il deposito, la comunicazione e la notificazione con modalità telematiche degli atti e documenti (compresa la consultazione e gestione dei fascicoli informatici) che dovranno applicarsi in tre ambiti della giurisdizione:

  • i procedimenti penali (art. 87, commi 1 e 3, d.lgs. n. 150/22, c.d. “riforma Cartabia penale”);
  • la volontaria giurisdizione (art. 36, d.l. n. 13/23, convertito con modificazioni dalla l.n. 41/23);
  • i procedimenti civili (Titolo V-ter disp. att. c.p.c., rubricato “Disposizioni relative alla giustizia digitale”, in particolare trattasi degli artt. da 196-quater a 196-duodecies disp. att. c.p.c. e introdotto dal d.lgs. n. 149/22, c.d. “riforma Cartabia civile”).

Le disposizioni regolamentari di cui allo schema di decreto ministeriale in analisi sono pertanto destinate a inserirsi in tre diversi contesti, caratterizzati da un’evoluzione differente del processo telematico, innanzitutto in ragione dei soggetti destinati a confrontarsi con esso e a usufruirne.

Da un lato, infatti, abbiamo gli utenti qualificati (in primis, magistrati e avvocati, ma anche a vario titolo gli ausiliari del magistrato quali ad esempio i CTU, i periti stimatori, i periti, i notai in relazione ad esempio a quanto disposto dall’art. 21, d.lgs. n. 149/22).
Dall’altro abbiamo i privati cittadini, ossia “le persone fisiche che stanno in giudizio personalmente” per riprendere il testo dell’art. 36, d.l. 13/23, in relazione ai procedimenti di volontaria giurisdizione.”

Segue una sintesi dell’evoluzione normativa:

“Quanto agli utenti qualificati, l’impatto delle disposizioni di cui allo schema di decreto ministeriale è destinato ad essere profondamente diverso nel sistema civile e in quello penale.
Nell’ambito civile la conoscenza e l’utilizzo del processo civile telematico (PCT) è ormai consolidata da un decennio, trattandosi di strumento utilizzato in via generalizzata dal 2014 in primo grado e dal 2015 in grado di appello.

L’introduzione di tale riforma che ha costituito una “rivoluzione copernicana” nel modo di approcciarsi al lavoro da parte di tutti gli utenti del servizio giustizia è però stata frutto di un iter legislativo e di una riflessione pluriennale comune ai vari soggetti fruitori del processo civile, della quale pare necessario dar conto al fine di evidenziare sia la difformità rispetto all’ambito penale, in cui il passaggio al processo penale telematico (PPT) è stato estremamente accelerato, sia che, nonostante il tempo di sperimentazione vissuto prima di giungere all’introduzione del PCT, all’alba dell’utilizzo dello stesso i problemi tecnici vissuti sono stati molteplici (mancanza collegamento con i server giustizia, depositi non ricevuti dal sistema SICID delle cancellerie in quanto rifiutati con la dicitura “ABORT”, solo per citarne alcuni esempi), e solo attraverso una costante opera di magistrati e cancelleria di segnalazione dei disguidi e di conseguente implementazione da parte del Ministero del PCT (attraverso però frequenti giornate interamente dedicate agli aggiornamenti, con conseguente mancato utilizzo in quei periodi del sistema) si è giunti ad un livello stabile del processo civile telematico.

L’introduzione del PCT negli uffici giudiziari italiani è stata resa possibile dal progressivo passaggio dai registri cartacei di cancelleria a quelli informatici.

Il fondamento normativo per l’abbandono dei registri cartacei di cancelleria risale alla l.n. 399/91 sulla “delegificazione delle norme concernenti i registri degli uffici giudiziari e dell’amministrazione penitenziaria”, cui sono seguiti nell’ordine il d.lgs. n. 39/93 recante le “norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, ai sensi della legge 23 ottobre 1992, n. 421”, il d.P.R. n. 748/94 (regolamento sulle modalità applicative del d.lgs. n. 39/93), il D.M. 264/00 (regolamento recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari), il d.P.R. n. 123/01 (regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile) e il D.M. 27 aprile 2009 recante nuove regole procedurali relative alla tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia.

La normativa che regola attualmente il PCT può essere dunque schematizzata distinguendo tra la normativa generale in materia di PCT, la normativa sulla posta elettronica certificata e quella sulle notifiche telematiche.
Quanto al PCT, per dare impulso all’effettivo avvio dello stesso processo civile telematico (già disciplinato dal d.P.R. n. 123/01 e dalle regole tecniche previste dal DM 17 luglio 2008) intervenne il d.l. n. 193/09, convertito con l.n. 24/10, il quale all’art. 4, da un lato, riconosceva al Ministro della Giustizia il potere regolamentare di individuare le nuove regole tecniche per l’adozione nel processo civile delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, dall’altro, effettuava una ben precisa scelta individuando definitivamente nella posta elettronica certificata (PEC), disciplinata dal d.P.R. n. 68/05, dal DPCM 2 novembre 2005 e dall’art. 48 del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), il sistema con il quale sarebbero avvenute nel nuovo processo civile telematico tutte le comunicazioni e notificazioni.

Poste le basi normative primarie, le regole (DM 44/11) e le nuove specifiche tecniche (Provv. Resp. DGSIA del 18 luglio 2011), è intervenuto l’art. 16-bis d.l. 179/12, conv. nella l. 221/12, che ha imposto in via esclusiva le modalità telematiche per il deposito degli atti di parte e del giudice nei procedimenti riguardanti i ricorsi per decreto ingiuntivo (procedimento che rappresenta ancora oggi l’unico in cui il Giudice è obbligato a provvedere telematicamente in tutte le sue fasi dalla richiesta di integrazione della prova ex art. 640 c.p.c. sino all’esecutorietà ex artt. 647 o 654 c.p.c.).

Solo con il d.l. 90/14 convertito dalla legge 114/14 si è introdotto, a decorrere dal 30 giugno 2014 nei tribunali l’obbligo del deposito telematico degli atti delle parti già costituite (cd. atti endoprocessuali) per le cause promosse dopo detta data mentre dal 31 dicembre 2014 l’obbligo è stato esteso anche agli atti depositati nelle cause iscritte prima del 30 giugno 2014. 

Identiche date sono state introdotte per i processi esecutivi per i quali l’obbligo del deposito telematico vige solo per gli atti successivi al deposito dell’atto con cui inizia l’esecuzione. Tuttavia, a decorrere dal 31 marzo 2015, il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. 

Invece, nelle procedure concorsuali l’obbligo del deposito telematico si applica esclusivamente al deposito degli atti e dei documenti da parte del curatore, del commissario giudiziale, del liquidatore, del commissario liquidatore e del commissario straordinario.

Il comma 1-bis dell’art. 16-bis, introdotto dal d.l. n. 83 del 2015, ha, poi, esteso a decorrere dal 30 giugno 2015 l’obbligo del deposito telematico degli atti endoprocessuali anche nei giudizi innanzi alle corti di appello.
Il predetto articolo 16-bis è stato abrogato dal d.lg. 149/2022, con contestuale introduzione dell’articolo 196-quater disp. att. c.p.c., che ha previsto l’obbligo generalizzato del deposito telematico degli atti e dei documenti, facendo salva la possibilità che il giudice ordini il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche.

La norma, disciplinando altresì l’ipotesi del malfunzionamento dei sistemi, ha previsto che il dirigente dell’ufficio autorizza il deposito con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti e sussiste una situazione di urgenza, dandone comunicazione attraverso il sito istituzionale dell’ufficio e utilizzando la stessa forma di pubblicità per la comunicazione di avvenuta riattivazione del sistema.

Ai sensi dell’articolo 196-quater disp. att. c.p.c. anche il deposito dei provvedimenti del giudice e dei verbali di udienza ha luogo con modalità telematiche.”

Di nuovo a seguire, il CSM ricostruisce le vicende legate all’introduzione del Processo Penale Telematico:

“Occorre innanzitutto chiarire come il concetto di processo penale telematico debba essere inteso, nell’ottica dello schema di decreto ministeriale in commento, quale riferito alle sole modalità telematiche di implementazione degli atti del processo (deposito di atti delle parti, deposito di verbali, o documentazione a mezzo verbali nativi digitali, ai sensi degli artt. 134 e ss. c.p.p. delle indagini e dell’istruttoria dibattimentale, deposito dei provvedimenti decisori), all’accesso e alla consultazione, nonché alla estrazione di copia degli atti del processo, nelle varie fasi e nei vari gradi di giudizio, rimanendo estraneo il concetto di PPT quale processo penale a distanza, ossia attinente le modalità di partecipazione da remoto dei soggetti del processo alla fase delle indagini, all’udienza camerale, alla fase preliminare e poi alla istruttoria dibattimentale, comprendendovi anche la fase decisionale, che non sono modificate dalle disposizioni oggetto d’esame.

Il Consiglio Superiore della Magistratura ha già avuto modo di sottolineare in passato come le naturali spinte dirette ad inserire sempre più avanzate soluzioni di informatizzazione anche nella gestione del processo Penale Telematico PPT evidenzino, anche sulla base dell’esperienza nel settore civile del PCT, la necessità di perseguire un equilibrio fra efficientismo e garanzia dei diritti di livello costituzionale.

Alcuni passaggi della delibera del Consiglio Superiore in materia di verifica dello stato di informatizzazione del processo penale, otto anni dopo, rappresentano ancora dei pilastri destinati a reggere tutta la riforma del processo penale telematico:

Al fine di evitare alcuni significativi errori di ideazione e di strategia complessiva verificatisi in sede di attuazione del processo civile telematico, deve auspicarsi da parte del Ministero della Giustizia una seria riflessione sulla funzione dell’informatizzazione nel processo penale e sulle finalità di un simile intervento, rifuggendo dalla semplificazione efficientista per cui più informatizzazione significa più efficienza, processi più rapidi e maggiore produttività. L’obiettivo di ogni intervento – normativo, di organizzazione e tecnico – in materia penale deve avere quale inevitabile riferimento primario il modello del giusto processo richiesto dal sistema costituzionale nel suo complesso e con specifico riferimento all’art. 111 e 112 della Cost. in termini di ragionevole durata, trasparenza, possibilità di accesso alla giustizia, obbligatorietà dell’azione e parità fra accusa e difesa dinanzi al giudice terzo e imparziale. L’informatizzazione deve inserirsi in questo percorso, nella consapevolezza che è la tecnica a dover seguire il modello costituzionale e normativo del processo in vigore – con i doverosi adattamenti – e non viceversa, come invece pare essere troppo spesso accaduto quando si è proceduto assecondando le migliori esigenze della tecnica informatica, salvo verificarne solo in un secondo momento gli effetti sull’esercizio concreto della giustizia, rincorrendone le inevitabili criticità. Si tratta, all’evidenza, di un progetto di informatizzazione che deve avere quale stella polare il miglioramento della qualità della giurisdizione penale, consentendo l’ottimizzazione e la velocizzazione dei flussi di attività attraverso la costante ricerca della qualità ed attendibilità dei dati trasmessi. […] L’obiettivo è la qualità, la quantità e la riduzione dei tempi del processo ne saranno conseguenza. L’inversione di questi termini, invece, creerebbe condizioni di maggiore ingolfamento delle attività, e rivelerebbe tutta la miopia di un progetto pensato esclusivamente nell’ottica efficientista”.

A livello di evoluzione normativa, la basilare automazione dei registri penali può oggi reputarsi avvenuta grazie all’introduzione del Sistema Informativo della Cognizione Penale (S.I.C.P.), dotato di varie componenti, mentre le notifiche penali telematiche trovano fondamento normativo nella medesima disciplina già sopra esposta per il settore civile.

Emerge il problema degli utenti non qualificati:

“Le disposizioni di cui allo schema di decreto ministeriale sono destinate ad applicarsi anche nei procedimenti di volontaria giurisdizione.
Tuttavia, occorre rimarcare l’assoluta particolarità di tali giudizi, sotto il profilo soggettivo, circostanza di cui pare essere ben consapevole il legislatore. I procedimenti di volontaria giurisdizione, infatti, sono introdotti con grandissima frequenza non da avvocati o comunque da professionisti delegati dalle parti e dotati di particolari conoscenze tecniche, bensì da privati cittadini o, per utilizzare il lessico dell’art. 36 d.l. 13/23, da “persone fisiche che stanno in giudizio personalmente”.

Con la conseguenza, dal punto di vista pratico, che, sino ad oggi, le modalità attraverso le quali questi soggetti potevano instaurare il procedimento erano ben cinque. Infatti, poteva distinguersi fra ricorso depositato con atto nativo digitale per conto della parte (o da un professionista o mediante uno “sportello di prossimità” attivato presso alcuni comuni) e ricorso depositato dal privato direttamente (mediante consegna dello stesso allo sportello della cancelleria o invio con posta ordinaria o PEC) e successivamente inserito nel PCT dall’operatore di cancelleria che provvedeva a scansionare il documento ed acquisirlo al sistema telematico.”

Ancora sul Processo Penale Telematico:

“L’intervento di normazione secondaria proposto dal Ministro, per quanto riguarda l’ambito penale, trova fondamento a livello primario nell’art. 87 d.lgs. n. 150/22.
Lo schema di decreto in commento reca la disciplina necessaria per la concreta realizzazione del processo penale telematico, così come prefigurato dal complesso di disposizioni primarie contenute, sul tema, nel corpo del decreto legislativo n. 150/22.
Nell’ottica dell’auspicata riduzione dei tempi della giustizia anche attraverso una maggiore efficienza delle attività degli operatori in essa coinvolti, la digitalizzazione degli atti e l’informatizzazione delle procedure poste in essere devono, senza dubbio, essere guardate con favore.

Alla necessità di promozione della predetta informatizzazione si affianca la consapevolezza che gli aspetti informatici, incidendo considerevolmente – e nel vivo – sull’esercizio dell’attività giurisdizionale, presentano, nella sostanza, un ruolo conformativo di quest’ultima.

In tale contesto vengono formulate le presenti considerazioni, all’esito altresì della sperimentazione compiuta e delle criticità evidenziate dal Gruppo di analisi sugli applicativi del PPT, costituito dalla VII Commissione. L’illustrazione verrà incentrata agli aspetti di specifico impatto sulle funzioni giurisdizionali e sull’organizzazione degli uffici.

Lo schema di decreto in commento, all’articolo 2 lett. b), inserisce nel D.M. 44/11 un nuovo articolo 7-bis (Portale dei depositi telematici e delle notizie di reato), con il quale vengono concretizzati, dal punto di vista operativo, gli strumenti applicativi del processo penale telematico finalizzati alla trasmissione degli atti e documenti agli uffici giudiziari, dall’esterno.

Tali strumenti consistono nel portale dei depositi telematici e nel portale delle notizie di reato, basati, dal punto di vista del funzionamento, sul meccanismo dell’upload. La disposizione prevede, al comma 1, che il portale dei depositi telematici consente la trasmissione in via telematica da parte dei soggetti abilitati esterni degli atti e dei documenti del procedimento e, al comma 2, che il portale delle notizie di reato consente la trasmissione in via telematica da parte del personale di polizia giudiziaria – e di ogni altro soggetto tenuto per legge alla trasmissione della notizia di reato – di atti e documenti su canale sicuro, protetto da un meccanismo di crittografia, in modo da assicurare l’identificazione dell’autore dell’accesso e la tracciabilità delle relative attività.
L’articolo 7-bis precisa, ai commi 3 e 4, che l’accesso ai portali di cui ai commi 1 e 2 avviene a norma dell’articolo 64 del codice dell’amministrazione digitale e secondo le specifiche stabilite ai sensi dell’articolo 34 e che il portale dei servizi telematici mette a disposizione dei soggetti abilitati esterni i servizi di consultazione, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

Si evidenzia, quale criticità, con riguardo a tali ultime previsioni, che la disciplina di materie quali l’accesso ai portali e i servizi di consultazione messi a disposizione dei soggetti abilitati esterni viene rimessa alle specifiche tecniche di cui all’articolo 34 del D.M. 44/11.
Le predette specifiche sono adottate dal Responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentita l’Agenzia per l’Italia Digitale e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

Si segnala, in proposito, che sarebbe opportuno, considerata l’incidenza delle predette materie sul concreto esercizio della funzione giurisdizionale – oltre che sugli aspetti di riservatezza soddisfatti mediante il ruolo consultivo del Garante Privacy – che la relativa disciplina venisse affidata ad una fonte secondaria che preveda la verificabilità della regolamentazione dal predetto punto di vista, anche attraverso una interlocuzione con il Consiglio Superiore della Magistratura, riservando viceversa all’atto dirigenziale adottato dal responsabile SIA la disciplina di materie esclusivamente tecniche di dettaglio che non presentano incidenza su snodi fondamentali quali quelli segnalati.

Sotto altro aspetto, si formulano le seguenti considerazioni all’esito della sperimentazione dell’applicativo informatico (APP) implementato e messo a disposizione dei soggetti abilitati interni, dove per applicativo informatico si intende, ai sensi dell’articolo 2 dello schema di decreto, comma 1 lett. a) n. 5), l’insieme dei programmi messi a disposizione dal Ministero della giustizia ai predetti soggetti.

Si osserva inoltre che l’applicativo informatico non appare tenere conto in modo sufficientemente adeguato dell’organizzazione degli uffici giudiziari. Come evidenziato dal gruppo di analisi sugli applicativi del PPT, il sistema informatico prevede infatti uno schema unico di ufficio giudiziario, nel quale le funzioni sono individuate sostanzialmente sulla base della sola qualifica rivestita: la profilazione degli utenti è quindi ricalcata sulla qualifica formale (ad esempio di Procuratore o di sostituto).”

Il gestore di Posta Elettronica Certificata del Ministero:

“L’articolo 2 dello schema di decreto è intervenuto in modo significativo sul contenuto del D.M. 44/11 (Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 2, del d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, conv. nella legge 22 febbraio 2010 n. 24).

È stato modificato, innanzitutto, l’art. 2 del D.M. 44/11, relativo alle definizioni, inserendovi ulteriori definizioni: 

  • del «portale dei depositi telematici» (art. 2, comma 1, lett. b-bis),
  • del «portale delle notizie di reato» (art. 2, comma 1, lett. b-ter),
  • della «identificazione informatica» (art. 2, comma 1, lett. f),
  • del «fascicolo informatico» (art. 2, comma 1, nuova lett. h),
  • dell’«applicativo informatico» (art. 2, comma 1, lett. h-bis),
  • dei «soggetti abilitati esterni pubblici» (art. 2, comma 1, nuova lett. m), di «PagoPA» (art, 2, comma 1, nuova lett. u) e
  • dell’«Identificativo unico di versamento» (art. 2, comma 1, nuova lett. v).

In base alle definizioni come modificate sarebbe opportuno che alla lettera b-bis), nella parte relativa al portale dei depositi telematici, quale portale che consente “il deposito di atti e documenti in formato digitale da parte dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati”, venisse specificato se si tratti o meno di portale funzionale solo al processo penale telematico, dal momento che esso non era previsto in precedenza e che per il processo civile telematico valgono le diverse modalità di deposito prevista dall’art. 13.

Va rilevato che le definizioni sono fornite “ai fini del presente decreto” e l’espressione “identificazione informatica” (art. 2, comma 1, lett. f) – a prescindere dal necessario adeguamento al Regolamento UE n. 910/14 – non risulta allo stato utilizzata nel D.M. 44/11. 

La definizione fa, in ogni caso, solo riferimento al rispetto della norma primaria, senza nulla aggiungere in via regolamentare in merito alle concrete modalità di identificazione.
La relazione riferisce che la modifica “soddisfa l’esigenza di assicurare alle regole tecniche la necessaria neutralità tecnologica rispetto ai metodi di identificazione informatica in continua evoluzione; il rinvio alla normativa che prevede gli strumenti operativi, in costante aggiornamento, in luogo del richiamo a sistemi operativi, in uso in un determinato momento storico, garantisce l’attualità delle regole tecniche, fermo restando che saranno poi le specifiche tecniche, la cui modifica è evidentemente più agevole e rapida, ad assicurare il continuo adeguamento dei sistemi di identificazione alle innovazioni tecnologiche”.
Tale generica previsione, se garantisce un rapido aggiornamento, fa venire meno un’effettiva norma regolamentare di raccordo tra la norma primaria e le specifiche tecniche; ciò rende opportuna una riflessione, per evitare di non demandare alle specifiche tecniche autonome scelte sulla verifica dell’accesso e della tipologia della modalità di identificazione.
La bozza di decreto stabilisce l’abrogazione dell’art. 4 del D.M. 44/11, sul Gestore della posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. La relazione precisa che, una volta abrogato l’art. 19 del decreto, risulta superflua la precisazione che il servizio di posta elettronica del Ministero osservi il CAD.
In realtà in questo modo la norma non disciplina più quanto indicato in rubrica, se non incidentalmente, nel comma 3, per il tempo di conservazione dei log dei messaggi. Pur con l’eliminazione del riferimento all’articolo 19, abrogato, non appare superfluo confermare che il servizio di PEC di cui si avvale il Ministero è conforme al CAD. L’eliminazione di tale norma può indurre a ritenere che il servizio di PEC si possa svolgere anche con modalità non conformi al CAD e lasciare spazio ad una normazione dettata dalle sole specifiche tecniche, come indicato nel comma 2.”

In merito ai depositi telematici:

“Per il processo civile hanno rilievo innanzitutto le modifiche relative ai depositi telematici apportate rispetto all’art. 13 D.M. 44/11.
La lettura del nuovo testo dei commi 1 e 2 dell’art. 13 pone una questione di coordinamento con il disposto dell’art. 196-sexies disp. att. c.p.c. Come noto, quest’ultima previsione ha sostituito il riferimento, quanto al perfezionamento del deposito telematico degli atti, al momento della ricezione della ricevuta di consegna PEC con quello “in cui è generata la conferma del completamento della trasmissione”. Tale locuzione, più ampia e generica rispetto a quella previgente, pare trovare la propria ratio nella volontà del legislatore di consentire il deposito telematico anche con soluzioni tecnologiche diverse dall’utilizzo della posta elettronica certificata.

Ciò premesso, l’art. 13, comma 1, nel fare esclusivo riferimento alla posta elettronica certificata, non sembra in linea con l’art. 196-sexies disp. att. c.p.c. appena considerato che, appunto, prescinde da un riferimento esplicito a tale modalità di deposito. La medesima riflessione può essere fatta con riguardo all’esclusivo e perdurante riferimento alla ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata al comma 2 dell’art. 13.

La relazione illustrativa giustifica la soppressione dell’ultima parte del comma 3 dell’art. 13 con la necessità di armonizzarne il testo con il disposto dell’art. 196-sexies disp. att. c.p.c. La stessa esigenza di armonizzazione con la norma primaria, per quanto detto, sembra ravvisarsi anche con riguardo ai commi 1 e 2 dell’art. 13.

Un altro profilo problematico pone l’esegesi dell’inciso di nuovo conio diretto a escludere l’intervento degli operatori di cancelleria. Il comma 2 dell’art. 13 prevede che “i documenti informatici di cui al comma 1 si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia senza l’intervento degli operatori della cancelleria, salvo il caso di anomalie bloccanti”.
La norma si presta a due letture.

Anzitutto, essa potrebbe limitarsi a precisare ulteriormente il momento del perfezionamento del deposito, ormai svincolato, per quanto emerge già dalla lettura dell’art. 196-sexies disp. att. c.p.c., dall’attività degli operatori di cancelleria. Si tratterebbe, perciò, di una conferma di quanto già previsto.

Laddove, invece, le si intendesse assegnare una portata innovativa, la previsione andrebbe intesa come funzionale a legittimare l’ingresso diretto del documento informatico nel fascicolo informatico, prescindendo così dall’intervento degli operatori di cancelleria.
Quest’ultima appare la tesi più plausibile tenuto conto del fatto che l’intervento degli operatori di cancelleria è stato previsto in modo residuale ed eccezionale ovvero solo a fronte di anomalie bloccanti. D’altra parte, il carattere innovativo della disposizione viene sottolineata nella relazione illustrativa: vi si legge che, “in maniera innovativa, tenuto conto dell’evoluzione tecnologica intervenuta, si precisa espressamente che il deposito telematico si ritiene perfezionato senza l’intervento degli operatori di cancelleria, salvo il caso in cui si verifichino anomalie bloccanti, che tale intervento impongono al fine di superare il blocco del sistema”.

Così intesa la lettera della previsione in commento, la portata innovativa risiederebbe nella diretta confluenza del documento informatico nel relativo fascicolo, senza necessità dell’attività di mediazione da parte degli operatori di cancelleria, se non per il caso di intervento per errore di blocco. Questa seconda prospettiva potrebbe, tuttavia, rivelarsi foriera di problematiche applicative e rallentamenti dell’attività dell’Ufficio.

Si pensi all’assenza di qualsiasi “catalogazione” di detti documenti da parte della cancelleria con correlata possibilità di denominazione varia degli stessi e, di conseguenza, difficoltà di apprezzarne in modo immediato il contenuto ed anche, eventualmente, di cogliere e selezionare istanze urgenti. Ciò si rivelerebbe peraltro dirompente in quei giudizi civili in cui gravitano fisiologicamente più soggetti; si pensi al settore dell’insolvenza, ove sono plurimi gli ausiliari del giudice (esperti stimatori, custodi, curatori, professionisti delegati) e, correlativamente, plurimi i documenti depositati da molteplici soggetti esterni.

L’assenza dell’intermediazione degli operatori di cancelleria nel veicolare e fare confluire il documento informatico nel relativo fascicolo si tradurrebbe in un significativo aggravio per il giudice, così chiamato ad un’opera di preventivo screening, difficilmente esigibile in tempi brevi a fronte di ruoli specialistici quali sono quelli indicati innanzi.
La mancanza di un controllo ad opera della cancelleria anche per le anomalie che non determinino blocco del sistema, potrebbe creare disfunzioni connesse alla difficoltà di veicolare correttamente i depositi nei relativi fascicoli; a maggior ragione per i depositi effettuati da parte delle persone fisiche che stanno in giudizio personalmente.

L’intervento del cancelliere, nel caso in cui il deposito endoprocedimentale sia stato effettuato in un fascicolo sbagliato, gli consente infatti di reindirizzare l’atto nel fascicolo corretto (mediante la funzione intervento manuale – assegna a fascicolo), senza doverlo necessariamente rifiutare; é pure possibile la selezione, mediante sostituzione, dell’evento più adatto ad aggiornare lo stato del fascicolo.

Alla stessa stregua, il rifiuto dell’atto depositato (comma ora eliminato), ma anche del provvedimento del giudice, da parte dell’operatore, consente al mittente/imbustatore di conoscere l’esito del suo deposito e di ripresentarlo con i dovuti accorgimenti o con i suggerimenti indicati nelle motivazioni del rifiuto.
Per come è strutturato il processo civile telematico, ove la corretta lavorazione degli atti comporta una contemporanea associazione agli eventi di aggiornamento, un’accettazione automatica dei depositi, senza filtro della cancelleria e senza la c.d. quarta p.e.c., provocherebbe delle discrasie con lo stato del fascicolo e dei possibili errori di sistema.

È pur vero che nel processo amministrativo telematico (PAT), istituito nel 2016, con numeri inferiori a quelli del processo civile e minori complicazioni legate alle diverse ritualità di cui ha dovuto tener conto il processo civile telematico, la modalità di accettazione degli atti è diversa e molto semplificata. Ma il processo civile è diverso e l’architettura dei registri informatici SICID-SIECIC è molto più complessa.

Da ultimo, la soppressione della seconda parte dell’art. 13 comma 3 (“Quando la ricevuta è rilasciata dopo le ore 14 il deposito si considera effettuato il giorno feriale immediatamente successivo”) adegua la normativa regolamentare alla normativa primaria, attualmente l’art. 196-sexies disp att. c.p.c.

Come si è accennato in premessa, le modifiche al D.M. 44/11 sono state suggerite, per il settore civile, anche dall’esigenza di adeguare la disciplina a quanto disposto nell’art. 36 d.l. n. 13/23 (convertito nella legge n. 41/23).
L’art. 36 di questo decreto legge ha, infatti, previsto la possibilità di effettuare il deposito telematico nei procedimenti di volontaria giurisdizione alle “persone fisiche che stanno in giudizio personalmente”; per comprendere la portata di tale norma, tuttavia, va considerato che tale modalità è attiva, allo stato, solo per taluni uffici pilota nella materia delle amministrazioni di sostegno (ove il beneficiario risieda nel circondario dei Tribunali pilota).
La norma prevede che il deposito da parte delle “persone fisiche che stanno in giudizio personalmente” avvenga attraverso il portale dedicato, gestito dal Ministero della giustizia, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, nonché delle apposite specifiche tecniche del DGSIA del Ministero della giustizia.

In tal caso, il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità.
L’art. 36 prevede che gli atti processuali e i documenti depositati per il tramite del portale sono trasmessi all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio giudiziario destinatario mediante l’indirizzo di posta elettronica certificata a tale scopo messo a disposizione dal Ministero della giustizia. Tale indirizzo non è inserito nel REGINDE. Quando si avvale del portale di cui al comma 1 per il deposito in modalità telematiche di atti processuali e documenti, la parte il cui indirizzo di posta elettronica certificata non risulta da pubblici elenchi può altresì manifestare la volontà di ricevere le comunicazioni e notificazioni relative al procedimento, ai fini e per gli effetti di cui all’art. 16, comma 7, d.l. n. 179/12 (conv., con modificazioni, dalla legge 221/2012), tramite il portale stesso.

In sintesi, le “persone fisiche che stanno in giudizio personalmente” potranno depositare atti processuali e documenti attraverso il portale gestito dal Ministero della giustizia, che verranno trasmessi all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio giudiziario destinatario, in una casella p.e.c. appositamente messa a disposizione dal Ministero stesso non indicata nel Reginde.
Allorquando il cittadino non disponga di una casella p.e.c. personale, le comunicazioni e notificazioni da parte del Tribunale dopo il deposito, potranno essere ricevute direttamente tramite portale, facendone espressa richiesta.
Nell’ottica dell’adeguamento al disposto dell’art. 36, all’art. 2, lett. m), n. 3, D.M. 44/11, ai “soggetti abilitati esterni privati”, sono state aggiunte “le persone fisiche che possono stare in giudizio personalmente”.
All’art. 13, in rubrica, di conseguenza, si elimina il riferimento ai privati che dovrebbe essere riferito solo a coloro che sono inseriti al n. 5 della lett. m) dell’art. 2, non alle persone fisiche che stanno in giudizio personalmente, indicate ed inserite al n. 3 della lett. m).

Veniamo al fascicolo informatico:

“Tra le nuove definizioni inserite dall’art. 2 dello schema di decreto v’è quella del fascicolo informatico. La modifica è giustificata – come evidenzia la relazione illustrativa – dall’esigenza di allineamento con le novità introdotte dai d.lgs. n. 149 e 150 del 2022, in forza dei quali il fascicolo non è più la mera versione digitale di quello originariamente cartaceo, ma è un fascicolo nato in formato digitale.

La norma introdotta dall’art. 2 non indica le tipologie di documenti informatici che possono farne parte, in particolare il duplicato informatico, che pure può rientrare a pieno titolo nel fascicolo informatico, come emerge chiaramente dall’art. 196-octies/II disp. att. c.p.c., che i “duplicati” menziona espressamente, accanto alle copie analogiche o informatiche.
A regolare il contenuto del fascicolo informatico provvede l’art. 9 D.M. 44/11.

Va sul punto segnalato che:
 l’art. 196-septies disp. att. c.p.c. stabilisce l’adozione di misure organizzative per la conservazione degli atti depositati su supporto cartaceo su autorizzazione del giudice o del capo dell’ufficio, ai sensi dell’art. 196-quater, comma 1, terzo periodo, e comma 4, con decreto del Ministro della giustizia; sennonché l’art. 9 della bozza di decreto non fornisce la richiesta disciplina di dettaglio, limitandosi nel terzo comma a richiamare gli “obblighi di conservazione dei documenti originali unici su supporto cartaceo previsti dal codice dell’amministrazione digitale o di atti e documenti depositati o comunque acquisiti in forma di documento analogico in conformità alla disciplina processuale vigente”;

  • al comma 1, ove è scritto “copie informatiche” sarebbe utile specificare “copie informatiche per immagine”;
  • al comma 3, ove è scritto “restano fermi gli obblighi di conservazione”, sarebbe preferibile chiarire “restano fermi in capo al Ministero della giustizia gli obblighi di conservazione”, richiamando le operazioni di gestione dei procedimenti di conservazione dei fascicoli prima attribuite al Ministero dal previgente primo comma.”

Comunicazioni e notifiche telematiche:

“Risultano incisive anche le modifiche apportate dallo schema di regolamento in materia di comunicazioni e notifiche, sia da parte della cancelleria che dell’UNEP, con evidenti ricadute sulla organizzazione degli uffici a seguito delle scelte operate e non previste dalla normativa primaria.

Viene, in primo luogo, sostituito l’art. 16 del D.M. 44/11, relativo alle comunicazioni di cancelleria, con estensione della nuova norma alle notifiche da eseguire in via telematica.
L’art. 136 c.p.c. stabilisce che “il cancelliere, con biglietto di cancelleria, fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti, al consulente, agli altri ausiliari del giudice e ai testimoni, e dà notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione.
Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, ovvero trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

Salvo che la legge disponga diversamente, se non è possibile procedere ai sensi del comma che precede, il biglietto è rimesso all’ufficiale giudiziario per la notifica”.
Lo schema di regolamento interviene sulla prevista norma regolamentare ampliandola a tutte le notifiche di cancelleria oltre che alle comunicazioni. In questo modo non risultano così più disciplinati in via regolamentare:

  • il momento di perfezionamento delle comunicazioni e notifiche (che per gli atti contenenti dati sensibili era opportunamente fissato al giorno successivo);
  • le modalità di comunicazione in caso di mancata consegna.
    Non è, poi, specificata la tipologia di ricevuta, per quanto tale indicazione sia opportuna in via regolamentare soprattutto per le notifiche.

La nuova disposizione risulta non del tutto allineata con l’art. 137, comma 1, c.p.c., che prevede che le notificazioni siano eseguite in via ordinaria dall’ufficiale giudiziario su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere; l’art. 16 D.M. 44/11 prevedrebbe invece che tutte le notifiche a mezzo p.e.c. da parte di soggetti abilitati interni siano effettuate direttamente dall’ufficio giudiziario. L’inciso “salvo che non sia diversamente disposto dalla legge” non appare risolutivo, al riguardo. L’art. 16 finisce dunque per dettare una disciplina non in attuazione della norma codicistica, ma in deroga alla stessa.

Appare, poi, da puntualizzare il coordinamento tra la modalità di notifica all’utente privato nei procedimenti di volontaria giurisdizione, previsto dall’art. 36, comma 2, d.l. n. 13/23, che può avvenire, a richiesta, qualora la parte non disponga di indirizzo p.e.c. risultante da pubblici elenchi, anche tramite il portale stesso, con la modalità prevista dal novellato art. 16, comma 1, laddove la notifica all’utente privato avviene solo attraverso p.e.c. inserita nel registro degli indirizzi informatici o negli altri pubblici elenchi. In questo caso, la novella introdotta all’art. 16 “salvo che” appare forse conservare la diversa previsione dell’art. 36, comma 2.

Il testo di decreto in esame sostituisce, all’art. 2, anche l’art. 17 D.M. 44/11, relativo alle notifiche telematiche a mezzo UNEP. L’intervento tiene conto solo in parte delle modifiche apportate all’art. 149-bis c.p.c. Questo prevede che “l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione a mezzo posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo, quando il destinatario è un soggetto per il quale la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultante dai pubblici elenchi oppure quando il destinatario ha eletto domicilio digitale ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1-bis, del codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

Se procede ai sensi del primo comma, l’ufficiale giudiziario trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni.
La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario. L’ufficiale giudiziario redige la relazione di cui all’articolo 148, primo comma, su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. La relazione contiene le informazioni di cui all’articolo 148, secondo comma, sostituito il luogo della consegna con l’indirizzo di posta elettronica presso il quale l’atto è stato inviato.
Al documento informatico originale o alla copia informatica del documento cartaceo sono allegate, con le modalità previste dal quarto comma, le ricevute di invio e di consegna previste dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica.

Eseguita la notificazione, l’ufficiale giudiziario restituisce all’istante o al richiedente, anche per via telematica, l’atto notificato, unitamente alla relazione di notificazione e agli allegati previsti dal quinto comma”.
È previsto espressamente che la notifica a mezzo PEC venga richiesta all’UNEP solo dai soggetti abilitati esterni.
L’art. 137 c.p.c. prevede in via generale, e senza deroga da parte dell’art. 149-bis c.p.c., che “le notificazioni, quando non è disposto altrimenti, sono eseguite dall’ufficiale giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere” e sia il pubblico ministero che la cancelleria sono soggetti abilitati interni.

L’espressione “soggetti abilitati esterni” (privati e pubblici come previsto dall’art. 2 DM 44/11), poi, è generica, ma si deve ritenere implicita l’esclusione anche degli avvocati, stante le previsioni codicistiche di cui all’art. 137 c.p.c. .
Al comma 3, inoltre, non è indica la tipologia di ricevuta prevista per le notifiche UNEP. La disposizione non appare del tutto congruente con l’art. 149-bis c.p.c. summenzionato, che fa riferimento, oltre agli elenchi pubblici, all’elezione di un domicilio digitale e agli elenchi accessibili alle pubbliche amministrazioni.

Risulta infine soppresso l’art. 18 D.M. 44/11, relativo alle notificazioni eseguite dagli avvocati per via telematica. La relazione allo schema di regolamento (che fa riferimento alla notifica “tra avvocati” prevista nel testo originario in luogo della norma vigente che prevede le notifiche “a cura degli avvocati”) specifica che tale soppressione è conseguenza della compiuta disciplina di tale notifica da parte degli artt. 3-bis e 3-ter della l.n. 53/94.
L’oggetto dei commi 3, 5 e 6 dell’art. 18 non risulta però disciplinato dalla l.n. 53/94 né da altra norma primaria o regolamentare. Solo latamente il disposto del comma 3 può rientrare nella disciplina sulla visibilità degli atti.
Ma sia la procura alle liti, nell’ambito delle notifiche, sia la ricevuta della notifica appaiono prive di disciplina.
Nel processo civile, in cui il difensore per gran parte del contenzioso avvia giudizi con atto di citazione e procura, l’indicazione del comma 5, in ordine alla procura alle liti, risulta significativa ai fini della instaurazione del contraddittorio.

Va evidenziata la criticità della mancata regolamentazione nel D.M. delle tipologie di ricevute di avvenuta consegna richieste (per le comunicazioni e notifiche di cancelleria, per le notifiche a mezzo pec dell’UNEP e per le notifiche degli avvocati), che in passato era da intendersi breve per le comunicazioni e completa per le notifiche, tenendo conto che quest’ultima è l’unica che allo stato consente al giudice di avere visione del completo contenuto dell’atto e documenti notificati e dei relativi dati informatici.

Sulla transizione nel Processo Penale Telematico:

“L’articolo 3 dello schema di decreto è dedicato ai termini di transizione al nuovo regime del processo penale telematico.
Il comma 1 dell’articolo 3 prevede quale regola generale, nella fase delle indagini preliminari, il deposito con modalità telematiche, facendo salve le disposizioni transitorie di deroga contenute nei commi 8 e 9 del medesimo articolo 3 (che contemplano ipotesi in cui il deposito può avvenire anche in modalità non telematica, sulle quali v. infra).

Il comma 1 dell’articolo 3 dispone, nello specifico, che a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione del presente regolamento, durante la fase delle indagini preliminari il deposito di atti, documenti, richieste e memorie ha luogo con modalità telematiche ai sensi dell’articolo 111-bis del codice di procedura penale, nei seguenti uffici giudiziari penali: procura della Repubblica presso il tribunale; procura europea; tribunale ordinario, limitatamente all’ufficio del giudice per le indagini preliminari; procura generale presso la corte di appello, limitatamente al procedimento di avocazione.
Il comma 2 dell’articolo 3 stabilisce che le modalità – telematiche – di deposito di cui al comma l si osservano, a decorrere dal medesimo termine ivi indicato, presso il tribunale ordinario anche per i procedimenti di reclamo avverso il provvedimento di archiviazione di cui all’articolo 410-bis del codice di procedura penale e per i procedimenti relativi all’impugnazione dei provvedimenti in materia di misura cautelare o in materia di sequestro probatorio emessi durante la fase delle indagini preliminari.

Il comma 3 dell’articolo 3 dispone inoltre che – fermo quanto disposto dal comma 9 – a decorrere dal medesimo termine indicato al comma 1, il deposito da parte dei difensori di atti, documenti, richieste e memorie ha luogo con modalità telematiche ai sensi dell’articolo 111-bis del codice di procedura penale, anche al di fuori dei casi previsti dai commi 1 e 2, nei seguenti uffici giudiziari penali: corte di appello, tribunale ordinario; giudice di pace; procura generale presso la corte di appello; procura della Repubblica presso il tribunale; Procura europea.

Il comma 4 precisa che le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano agli uffici giudiziari diversi da quelli indicati, ai procedimenti in materia di misure di prevenzione e alle fasi disciplinate dai libri X e XI del codice di procedura penale.
Viene infine prevista, ai commi 5, 6 e 7 dell’articolo 3, l’esclusività del deposito telematico per tutti i soggetti del processo secondo decorrenze successive per i diversi uffici giudiziari (1.1.25, 30.6.25 e 1.1.26).

Tanto premesso, si osserva che in deroga alle disposizioni che precedono, il comma 8 dell’articolo 3 introduce un sistema di doppio binario per i depositi effettuati dai soggetti abilitati interni, che prevede la possibilità, sino al 31.12.24, che il deposito – da parte dei predetti – di atti, documenti, richieste e memorie, diversi da quelli relativi ai “procedimenti di archiviazione” di cui agli articoli da 408 a 411 e 415 del codice di procedura penale nonché alla riapertura delle indagini di cui all’articolo 414 del codice di procedura penale, può avere luogo anche con modalità non telematiche.

L’introduzione del predetto sistema viene guardata con favore consentendo il deposito, nella fase delle indagini preliminari, da parte del pubblico ministero e del giudice per le indagini preliminari, in forma non telematica, fino al 31.12.24.
Residuerà tuttavia la problematica conseguente alla gestione delle difficoltà operative determinate dalla sussistenza di fascicoli ibridi, problematica che sarebbe opportuno risolvere attraverso la previsione di un atto amministrativo generale che disciplini l’attività del personale di cancelleria e di segreteria presso gli uffici giudiziari.

Per quanto riguarda il flusso concernente l’archiviazione e la riapertura delle indagini, pur non trattandosi di regola di affari urgenti, da compiersi entro termini stringenti, la previsione dell’obbligatorietà del deposito telematico pone alcune specifiche problematiche.
Il generico riferimento ai “procedimenti di archiviazione”, infatti, può essere interpretato in due modi: come riferito al subprocedimento all’interno del procedimento penale che inizia con la richiesta di archiviazione del P.M. (ex art. 408 e 411 c.p.p.) e prosegue con i “provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione”, oppure come riferita solamente alla “richiesta di archiviazione”. Il riferimento agli “atti, documenti, richieste e memorie” induce a preferire la prima opzione interpretativa, con la conseguenza che, a partire dalla richiesta di archiviazione del PM, questi dovranno necessariamente essere formati digitalmente e depositati telematicamente. 

Ma, a ben vedere, e tenuto conto che “con la richiesta [di archiviazione] è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari”, sembra doversi concludere che i procedimenti per i quali verrà richiesta l’archiviazione a partire dall’1.1.24 dovranno essere integralmente digitalizzati: è infatti evidente come nel 2024 ben potrà venire richiesta l’archiviazione di procedimenti iscritti negli anni precedenti i cui atti sono ovviamente analogici e non digitali.

Si pongono in conseguenza alcune questioni: oltre alla richiesta di archiviazione, dovrà essere infatti formato digitalmente dall’ufficio del PM anche l’eventuale avviso alla persona offesa ex art. 408, commi 2 e 3-bis, c.p.p., ma l’applicativo diffuso (APP) non consente allo stato la notifica all’esterno dell’atto. Né l’applicativo consente, ad oggi, alle parti e ai loro difensori di “prendere visione” degli atti del procedimento ex art. 408, comma 3, c.p.p.
Criticità analoghe emergono nel procedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto previsto dall’art. 411, comma 1-bis, c.p.p. Anche in questo caso l’applicativo non prevede meccanismi di notifica “alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa”, né è dato sapere come queste potranno “prendere visione degli atti”.

Ulteriori criticità sono prevedibili nel prosieguo del “procedimento di archiviazione”: se, ad esempio, il Giudice non accoglie la richiesta di archiviazione e dispone che “il pubblico ministero formuli l’imputazione” (art. 409 comma 5) questa potrà essere formata analogicamente o in formato nativo digitale all’interno di APP.
Problematica appare, infine, la previsione dell’obbligatorietà della forma telematica per “il deposito da parte dei soggetti abilitati interni di atti, documenti, richieste e memorie […] relativi […] alla riapertura di indagini di cui all’articolo 414 del codice di procedura penale”.

Risulta dunque evidente il significativo impatto organizzativo che avrebbe sugli uffici l’attività di conversione in digitale degli atti analogici dell’intero procedimento qualora ciò fosse ritenuto necessario per attivare il flusso PM-GIP ai fini dell’archiviazione in APP, come attualmente impone il testo del decreto.
Soluzioni alle problematiche prospettate potrebbero essere individuate prevedendo, in via alternativa o congiunta, che l’obbligatorietà del deposito digitale:
 riguardi i soli procedimenti iscritti a partire dall’1.1.24;
 attenga alla sola richiesta di archiviazione del PM nonché ai successivi provvedimenti del GIP e non anche al deposito digitale degli “atti, documenti, richieste e memorie” come risulta attualmente dal testo del comma 8 dell’art. 3 del D.M. in esame, letto in relazione all’art. 408, comma 1, secondo periodo, c.p.p.
Il comma 9 dell’articolo 3 prevede una deroga, regolamentata diversamente, all’obbligatorietà del deposito telematico da parte dei soggetti abilitati esterni.

È previsto che a decorrere dalla scadenza del termine di cui al comma 1 e sino al 31.12.24, negli uffici giudiziari penali indicati dal comma 3 (corte di appello, tribunale ordinario; giudice di pace; procura generale presso la corte di appello; procura della Repubblica presso il tribunale; Procura europea), il deposito da parte dei difensori di atti, documenti, richieste e memorie può avere luogo anche con modalità non telematiche, ad esclusione dei depositi nella fase delle indagini preliminari e nei procedimenti di archiviazione di cui agli articoli da 408 a 411 e 415 del codice di procedura penale e di riapertura delle indagini di cui all’articolo 414 del codice di procedura penale nonché della nomina del difensore e della rinuncia o revoca del mandato indicate dall’articolo 107 del codice di procedura penale. Viene inoltre previsto che il deposito da parte dei difensori di atti, documenti, richieste e memorie può, altresì, avere luogo anche con modalità non telematiche nei procedimenti relativi all’impugnazione dei provvedimenti in materia di misura cautelare emessi durante la fase delle indagini preliminari.
Viene disposto infine che rimane consentito il deposito mediante posta elettronica certificata come disciplinato dall’articolo 87-bis del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 per tutti i casi in cui il deposito può avere luogo anche con modalità non telematiche.

Con riguardo a tale disciplina si segnala che l’introduzione di una triplice opzione di deposito – in modalità telematica a mezzo del portale, in modalità non telematica e a mezzo pec – da parte dei soggetti abilitati esterni rischia di creare problemi operativi legati alla gestione dei depositi da parte del personale di cancelleria e di segreteria in seno agli uffici giudiziari, specie ove gravati da rilevanti scoperture d’organico.

Stante la necessità di un’organizzazione che garantisca la tempestività della lavorazione dei depositi, al fine della tempestiva risposta da parte dell’organo giurisdizionale, potrebbe essere opportuna, anche in questo caso, la previsione dell’adozione di un atto amministrativo generale che uniformi, sul punto, l’attività degli uffici prevedendo eventualmente una suddivisione dei compiti afferenti alle diverse modalità di deposito.”

Home » Le nuove regole di telematica giudiziaria: i paletti del CSM

Leave a Reply